A conclusione di una prima serie di incontri con gli operatori delle Caritas parrocchiali, sabato 20 aprile si è svolto il convegno “Testimoni di Carità. L’animazione della carità nelle parrocchie” organizzato dalla Caritas diocesana di Catanzaro-Squillace.
Alla presenza dell’Arcivescovo, S.E. Mons. Claudio Maniago, e del direttore di Caritas Italiana, don Marco Pagniello, – erano passati circa 20 anni dall’ultima visita di un direttore di Caritas Italiana alla nostra diocesi –, si sono incontrati gli operatori della carità di 45 Parrocchie della diocesi, presenti anche alcuni sacerdoti, gli operatori della Caritas diocesana e alcuni ospiti di Mons. Maniago venuti in città in occasione del suo 40° anniversario di sacerdozio. I partecipanti sono stati in totale 168.
Nel suo saluto iniziale, don Pietro Pulitanò, direttore della Caritas di Catanzaro-Squillace, dopo aver ringraziato i presenti e ricordato le tre vie indicate da papa Francesco: la via degli ultimi, la via del Vangelo e la via della creatività, ha evidenziato, tra l’altro, che il compito della Caritas non è l’assistenzialismo, ma è quello di aiutare l’intera comunità, parrocchiale e diocesana, a testimoniare l’amore preferenziale per i poveri.
Don Marco Pagniello, nel suo intervento, dopo aver ringraziato l’arcivescovo e l’équipe della Caritas diocesana per l’invito e per l’accoglienza ricevuta, ha sottolineato che il servizio della carità deve nascere e radicarsi in una comunità parrocchiale: “È la comunità il fondamento dal quale tutto nasce e dal quale poi devono prendere l’avvio quei processi che ci portano a dare il nostro contributo anche nel cambiare alcuni sistemi”.
Ha poi ricordato che “il nostro primo compito non è quello di servire poveri, ma è quello di educare le nostre comunità a mettere al centro della propria vita, della propria riflessione, i poveri”, per potersi mettere accanto a loro e aiutarli nel loro cammino verso una nuova vita: “Quando voi incontrate un povero, non incontrate solo la sua povertà, incontrate i diritti di quella persona e incontrate anche le risorse di quella persona. Nessuno è così povero da non poter mettere nulla a disposizione per sé e per gli altri. Ognuno di noi ha diritto ad essere protagonista della propria vita, una vita migliore”. E nel servizio verso i poveri occorre mettere al centro il Vangelo, Gesù; è questo che deve distinguere la Caritas dagli altri enti caritativi: “Il nostro servizio sarà un servizio bello e buono se noi lo facciamo con lo stile di Gesù, avendo i suoi stessi sentimenti”.
Concludendo, don Marco ha riportato un pensiero che aveva aggiunto la sera prima al suo intervento dopo un giorno di esperienza a Catanzaro [nonostante i numerosi impegni, don Marco è riuscito a fermarsi due giorni nella nostra diocesi, durante i quali ha potuto visitare il Centro di accoglienza Sant’Antonio, dove lo scorso anno si è svolto il progetto 8xmille Mensa del Conventino, la struttura di accoglienza di Fondazione Città Solidale in Via Carlo V, dove è in corso il progetto “O.A.S.I”, la struttura della Chiesa del Monte dei Morti e della Misericordia, dove è prevista la realizzazione di altre opere di carità, e gli appartamenti di Via Tommaso Campanella presi in affitto dalla Caritas diocesana, dove lo scorso anno si è svolto il progetto “Casa Mia” e che attualmente sono a disposizione per l’accoglienza di detenuti in permesso. Ha, inoltre, partecipato alla celebrazione del 40° anniversario di ordinazione presbiterale del nostro Arcivescovo]: «Ho imparato che le persone possono dimenticare ciò che hai detto – ed è quello che succederà a voi dopo che me ne sarò andato –, le persone possono dimenticare ciò che hai fatto, ma le persone non dimenticheranno mai come le hai fatte sentire». Questa è la pedagogia dei fatti di Caritas: fare piccole cose, grandi cose, farle da fratelli, perché chi andrà via, chi ci avrà incontrato, non ricorderà se noi gli abbiamo dato da mangiare, se gli abbiamo dato il maiale, non gliel’abbiamo dato. Queste cose si dimenticano. Però ricorderà sicuramente che si è sentito accolto e soprattutto si è sentito molto bene amato. Io ieri, a Catanzaro, ho fatto questa esperienza e la sto facendo anche ora. Grazie».
Le conclusioni del convegno sono toccate al nostro Arcivescovo, il quale, dopo aver ringraziato i presenti, e in particolare don Marco, ha sottolineato che “la Caritas, la carità non è quella ‘pelosa’, non è quella dei pacchi, ma è quella dell’amore vissuto. […] La Caritas non è l’esperienza di qualche fissato o di qualche persona che ha più disponibilità di altri. La carità, l’esperienza della carità è un tratto delle nostre comunità, un tratto di ogni credente. Poi, certamente, nella comunità ci si divide i compiti, ma una comunità non può non prendersi carico di quei fratelli e sorelle della comunità che sono in sofferenza […]. Ogni essere vivente ha una dignità che va rispettata, colta, promossa”. Ha poi portato un esempio particolarmente significativo: “Voi siete per me come una palla di neve, […] se la si butta in un certo modo piano piano che fa? Aumenta, aumenta, aumenta, e rischia di diventare una valanga. Ecco, voi dovete essere questa palla di neve, perché dovete creare delle valanghe qui, dovete portarvi dietro tutta la diocesi. […] Quello che siamo dobbiamo esserlo di più e meglio, ma non per fare i bravi, non siamo meglio degli altri, ma perché noi siamo cristiani, siamo discepoli del Signore, e dobbiamo fare emergere questa bellezza dell’essere discepoli del Signore”.
Il convegno si è concluso con il pranzo nel refettorio del Seminario, condiviso in gioia e fraternità.